domenica 27 maggio 2012

sfogliatelle...di fine anno

Devo pensarci per tempo, non posso farmi cogliere di sorpresa e scoprirlo solo alla fine che devo salutarli. Dovrò studiare (tanto per cambiare), come sempre. Anche questo. Per sapermi comportare e sapere cosa dire.
Mi preparo a questa “fine” pensando che e’ stato bello prenderli per mano e fare un pezzo di strada con loro.  Anche perchè ad un certo punto sono stati loro a prendere la mia di  mano, e mi hanno chiesto di sorridere di più perchè così ero più bella, e mi hanno insegnato (loro a me) che non è con un sorriso che si diventa meno autorevoli...e che se te lo chiedono due occhi neri e profondi, vale la pena fermarsi a scuola un pò di più...non guardare l’orario e stare semplicemente insieme.
 Insieme. Lì per non stare altrove. 
Ad imparare le pieghe di una lingua, a contare le sillabe di un verso, a costruire un castello di nuove certezze, e tutta l’utostima che prima non c’era.
Non so ancora immaginare studenti che non siano loro, classi che non siano quelle, voci che non arrivino da quei volti...eppure sarà così...succederà anche questo, come molto altro.  
Mi preparo a questa fine cucinando, perchè è l’unica cosa “altra” che so fare e perchè non saprei quale altro sfogo dare a tutta l’energia che mi è rimasta da spendere con loro. 
Ne ho spesa tanta, ma me ne resta almeno il doppio e medito di usarla tutta, ma proprio tutta, per non permettere che alla fine la burocrazia cartacea e fredda si sostituisca ai nostri sguardi, a tutte le parole che ci siamo detti e a tutte quelle che useremo per salutarci...


Sfogliatelle frolle 














Frolla esterna:
200 g di farina
80 di strutto, oppure di buon burro
90 g di zucchero
40-50 g d'acqua
1 tuorlo per spennellare
la scorza di mezz'arancia o di un limone non trattato da grattugiare
un pizzico di bicarbonato

Ripieno:
 40 g semolino + 125 g d'acqua
110 g di ricotta fresca meglio se di pecora
90 g di zucchero
50-60 g d'arancia e cedro canditi 
1 uovo
2-3 cucchiai d'acqua di fiori d'arancio
un pizzico di cannella
zucchero a velo per decorare

Si prepara la pasta in anticipo. Occorre che stia in frigo alcune ore perchè la frollatura sia ottimale.  si mette la farina a fontana mescolata al bicarbonato e la scorza del limone. Al centro, inseriamo lo zucchero con l'acqua poi lo strutto. Si copre l’impasto con la pellicola e si mette in frigo.
Per il ripieno si mescolano zucchero e ricotta, si aggiungono cannella e frutti canditi tagliati a pezzettini. Si porta a bollore l'acqua in un pentolino con un pizzico di sale, si versa a pioggia il semolino e si mescola. Si fa cuocere qualche minuto, e fuori dal fuoco si aggiunge l'uovo e, sempre mescolando, la ricotta. Aggiungiamo l'acqua di fiori d'arancio. Copriamo di pellicola e facciamo raffreddare.
Le sfogliatelle si creano stendendo la pasta di uno spessore di 3-4 millimetri. Con un coppapasta si formano dei dischi di 10 cm di diametro circa e si sistema un mucchietto di ripieno al centro (2-3 cucchiai) si richiudono come un raviolo sigillando bene i bordi.
Prima di infornarle si spennellano d'uovo sbattuto e si cuociono per un quarto d'ora circa a 180°. 

venerdì 18 maggio 2012

Le maschere...e i panini con poca identità, un pò dolci e un pò salati





Che Pirandello dovesse fare ingresso, prima o poi, nella casadellelucertole era quasi scontato; era solo questione di tempo, e questione di aspettare il momento giusto per ospitarlo in maniera impeccabile, tanta è l'emozione...
Insomma c'è da pensare a tutto...dove farlo accomodare, cosa offrirgli, e soprattutto quali argomenti affrontare con lui. 
L'interno della casa potrebbe non essere adatto, poca luce...poi i mobili, di colpo non mi piacciono più. Tutto mi sembra corsivo e affatto all'altezza. Meglio giocarsela sull'esterno, sotto il nuovo pergolato, che è bianco candido, luminoso, con l'edera vicina che ombreggia e scuda i volti, quanto basta per indossare la maschera, semmai occorresse,  senza dare troppo nell'occhio.
Lo so, lo so che è un siciliano e che non posso sbagliare, tuttavia andare sul repertorio della tradizione mi sembra rischioso prima ancora che scontato. Allora preparo questi panini, si. Questi. Semplici. Un pò dolci e pò salati. Li servirò con un thè alla menta e la mia marmellata di uva. Perchè voglio che assaggiandoli mi chieda delucidazioni, così potrò, rispondendo, introdurgli le mie ansie sospese, e discorrere con lui, se la coesistenza del dolce e del salato sia o non sia (aldilà dei panini) una sostenibile condanna. 
Mentre mi do da fare con i preparativi, e prego le mie lucertole di non essere troppo invasive oggi, dentro mi sale una malinconia, un dubbioso pensare a come vanno le cose, e di colpo mi sento sovvertita come un quadro di Picasso, schiacciata come una noce,  sopraffatta da tutta, e dico tutta, la crisi d'identità di inizio Novecento...un secolo intero non è servito a rimuovere il problema: identità definite e personalità solide rimangono ancora un miraggio, almeno per chi è disposto ad ammetterlo!
Poi, se anche si fosse restii a rendersene conto,  c'è sempre qualcuno nella vita di tutti i giorni pronto a farti notare che se un attimo prima gli sembravi una giornata di sole, subito dopo gli sei apparsa come una grigia giornata invernale. E allora devi ammettere che è sempre più difficile, nonostante gli anni che passano, trovare una strada che sia UNA, ed essere una cosa che sia UNA. Devi ammettere che è tornato il tempo di rileggere quel suo libro per non sentirsi soli nell'inadeguatezza, cercando di trovare massimo conforto nel fatto che un UOMO, così elegante, oggi, abbia deciso di tornare a farti visita, ad inebriarti con le sue analisi, a dirti che forse, in fondo non è una colpa dell'uomo assumere di volta in volta una forma, una delle tante, per esisterla.



I. Mia moglie e il mio naso.
– Che fai? – mia moglie mi domandò, vedendomi in­ solitamente indugiare davanti allo specchio.– Niente, – le risposi, – mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino.
Mia moglie sorrise e disse: – Credevo ti guardassi da che parte ti pende. 
Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestatola coda: – Mi pende? A me? Il naso? 
E mia moglie, placidamente: – Ma sí, caro. Guàrdatelo bene: ti pende verso destra. 
Avevo ventotto anni e sempre fin allora ritenuto ilmio naso, se non proprio bello, almeno molto decente, come insieme tutte le altre parti della mia persona. Per cui m’era stato facile ammettere e sostenere quel che di solito ammettono e sostengono tutti coloro che non han­ no avuto la sciagura di sortire un corpo deforme: che cioè sia da sciocchi invanire per le proprie fattezze. 
La scoperta improvvisa e inattesa di quel difetto perciò mi stizzí come un immeritato castigo. 
(UNO, NESSUNO, CENTOMILA libro I)


Ricopio, per chi mi segue la ricetta che uso sempre. 
Ingredienti:
250 gr di farina 00
250 gr di manitoba
8 gr lievito di birra
3 tuorli
60 gr struttolio (oppure 50 gr di strutto e 10 gr di olio evo)
30 gr di zucchero
10 gr sale
1 cucchiaino di malto (in mancanza 1 cucchiaino di miele)
270 gr di latte