domenica 25 novembre 2012

l’”ubiquità” e il castagnaccio

L’”ubiquità" innata che mi porto dentro fin da quando ero in pancia...quella stessa che mi ha permesso di stare sempre bene sia su che giù, e di saper qualificare come meridionale (trasferita) la donna che  passa fuori davanti casa mia, anche senza sentirla parlare, fa sì che io abbia imparato, fin da bambina, ad apprezzare questa tradizionale preparazione toscana.

Non si provi a fare questo dolce prima della metà di novembre!!! 
Così suonava il monito di chi mi insegnò a fare il castagnaccio, anni addietro.
Se così fosse, infatti, la farina usata non sarebbe quella nuova, dolce, profumata e appena macinata, ma quella dell’anno prima, che, a non farci attenzione, potrebbe anche essere tristemente scaduta, oltre che senza aroma!

E’ solo in questo periodo che le botteghe e, oramai anche i supermercati, riempiono gli scaffali con sacchettini trasparenti colmi di quella polvere impalpabile, di colore grigio caldo...zuccherina e morbidissima che costituisce l’UNICO vero segreto per la riuscita di questo dolce.
Non piace a tutti, perchè ha un sapore forte e particolare, ma per coloro a cui piace so quanto sia difficile tenersene alla larga in questo periodo. Io stessa confesso di doverne fare una scopracciata (una sola!) tutti gli anni di questi tempi, per poi non pensarci più fino all’anno successivo.
Lo adoro pieno di uvetta pinoli e noci.
Adoro le screpolature superficiali, la morbidezza della parte centrale e la croccantezza dei bordi. 
Adoro il rumore del rosmarino che sfrigola nell’olio verde franto da pochi giorni...




300 gr di farina di castagne fresca e dolce
6 cucchiai di olio 
acqua q.b.
rametti di rosmarino
uvetta, pinoli e noci a manciate per guarnire
1 pizzico di sale



Mescolare con una frusta farina, l’olio soffritto con il rosmarino e fatto raffreddare, acqua e sale fino ad ottenere un composto morbido e senza grumi. Versarlo in una teglia da pizza o in una a ciambella come ho fatto io stavolta. Decorare con generose manciate di uvetta, pinoli, gherigli di noci ed altre foglioline di rosmarino. Far riposare il composto prima di infornare. Far asciugare in forno 30-35 minuti a 200 gr finchè non si screpola la superficie.


martedì 6 novembre 2012

il pancoll’uva

      Secondo una leggenda, la vite era solo una pianta decorativa come le altre. 
Una vite cresceva al centro di un orto. La pianta, divenendo più grande, copriva tutte le piante che non crescevano; allora il padrone decise di potarla; la pianta si mise a piangere. 
La sera arrivò un usignolo che si mise a cantare per consolare la pianta. 
Il pianto era così dolce, che la dolcezza andò nelle lacrime, che si trasformarono in chicchi d’uva. 
Il vento le riunì, trasformandole in grappoli.                                                                                                                                            


Attendo da giorni di trovare il senso e la voglia di scrivere un nuovo post. La verità è che trovarsi ALTROVE rispetto a quel luogo chiamato lacasadellelucertole, non rende la cosa molto semplice. Occorreva recuperare lo spirito giusto e la motivazione necessaria, occorreva aspettare che tornasse il bisogno impellente di raccontare e di cucinare.
Per chi non conosce la mia storia personale e legge...costantemente...non so come mai (nonostante ultimamente le novità siano poche) il mio blog, è doveroso precisare che ho dovuto temporaneamente abbandonare la location ufficiale del blog, oltre che della mia vita, per piacevoli cause di forza maggiore.



Me ne sono tornata, senza neanche troppa originalità (visto e considerato che è UNA VITA che faccio su e giù), in Toscana, dove da sempre ritrovo ricordi, sapori e parole che suonano un pò strane e un pò familiari. Un luogo dove, appena arrivata, in pochi attimi, torno ad essere bambina felice in vacanza dai nonni o studentessa motivata. Un luogo dove, già fin dalla fine dell’estate e poi, ancora, durante e dopo la vendemmia, mia nonna mi diceva, allacciandosi il grembiule: “Lunina...si fa i' pancoll’uva” così, con quella parola magica pronunciata tutt' attaccata, senza soluzione di continuità tra il PANE e l’UVA, come in questo dolce del resto!



500 gr di farina 0
50 gr di zucchero
25 gr di lievito di birra
mezzo bicchiere di olio d’oliva
acqua tiepida qb per sciogliere il lievito ed impastare

per il ripieno:

uva "da schiacciata” o uva fragola qb
due pugni di zucchero semolato
un cucchiaio di farina bianca per addensare
Allora, è sempre difficile spiegare una ricetta che deriva dalla consuetudine, ancora prima che dalla tradizione familiare. 
Trasferire in parole la manualità abituale, i gesti, le quantità pesate ad occhio, è certamente altra cosa che trascrivere una ricetta da un libro o da una rivista. Qui non ci sono dosi precise, solo movenze antiche. E la sapienza di valutare quanto è dolce l’uva e quanto zucchero vada aggiunto. 
Solo l’esperire può, per così dire, giovare al gusto “povero" di questo dolce.
Si impastano gli ingredienti con poco zucchero: 50 gr e non di più...perchè altrimenti non lieviterebbe. Si lascia lievitare per 1 ora e mezza, ma dipende dagli ambienti, perchè se per caso, durante l’attesa,  si accende il focolare oppure un forno a legna, il tempo di attesa sarà minore. Si divide l’impasto in due parti e si stende su due o tre teglie rivestite da carta forno (che comunque fino a poco tempo fa non si utilizzava, e si faceva con l’olio). Sulla pasta stesa si mettono tanti chicchi d’uva (lavati ed asciugati) a ricoprire tutta la superficie e si gettano due/tre manciate di zucchero. Si ricopre con uno strato sottile di pasta, stracciato qua e là, si condisce con un filo d’olio e dell’altro zucchero semolato. Si inforna a 180° per 20 minuti, finche non è ben dorato. 
Questo procedimento vale se si utilizza uva da vino o "da sciacciata”, che da queste parti si trova espressamente così denominata anche nei banchi frutta dei supermercati. Se invece si usa l’uva fragola, che risulta più acquosa, occorre preparare il ripieno a parte, mettendo i chicchi lavati in una casseruola.  Farli andare con lo zucchero per 5 minuti, finchè non fuoriesce il liquido, aggiungendo alla fine un cucchiaio di farina bianca per addensare il ripieno. 
Il risultato è un dolce semplice, che si conserva per giorni e possiede tutto il sapore delle cose semplici.

mercoledì 15 agosto 2012

l'horror vacui e i macarons

L'horror vacui: la diffidenza nei confronti del tempo libero e dell'assenza di impegno si scongiurano attraverso il rituale degli albumi invecchiati e della farina di mandorle che piove giù da un setaccio. 
Macarons macarons e ancora macarons, complici infallibili e fedeli di un'estate che di estate (per ora) ha solo le temperature...e che invogliano ed invitano senza stancare (per ora) a tentativi ripetuti di colori, abbinamenti, dimensioni...









per i macarons si veda qui, evitando, per questa volta di inserire il colorante, ma lasciandoli al naturale.


Per la ganache al pistacchio:

100 ml di panna fresca
200 gr di cioccolato bianco
2 cucchiai di pasta di pistacchio dolce
1 noce di burro

Si spezzetta il cioccolato e si mette da parte. Si riscalda la panna senza portarla a bollore e si aggiunge il cioccolato mescolando energicamente. Si toglie dal fuoco, e si aggiungono infine la noce di burro e la pasta di pistacchi.








lunedì 2 luglio 2012

finalmente macarons alle fragoline di bosco


Se dovessi confessare qui quante volte ho provato a farli, quante volte, inginocchiata davanti al forno ho atteso che crescesse e si materializzasse un accenno di colarette, quante volte ho volato il tutto nella spazzatura, quante volte ho avuto paura di aprire il forno, di colorarli, di toccarli, di staccarli dalla base in silicone, perfino di mangiarli, credo che perderei di colpo, senza appello, hic et nunc ogni credibilità! 


Quanto è vero però che sono difficili da realizzare! E quanto è vero che la combinazione di ingredienti, temperature, tempi di attesa, mette a dura prova la pazienza di chiunque e figuriamoci la mia.
Io che amo la precisione ma non la pratico, che la ammiro, ma non la esercito, ho dovuto forzare la mia natura per ottenere questo risultato. E dico questo perchè tutt'oggi, che posso dire di aver consolidato l’esito felice di questa lavorazione abbastanza complicata, se faccio sconti alla ricetta, se sfuggo alla regola, per un qualsiasi motivo, anche solo per fretta ed impazienza le cose iniziano a non funzionare. Non voglio scoraggiare chi intenda mettersi alla prova, tutt’altro. So per certo che dopo un cospicuo numero di tentativi (e di voli in spazzatura), il risultato arriva...perchè dopo tante sedute davanti al forno, ad invocare a mani unite la pietà celeste, gli dei, mossi da compassione, vi regaleranno quelle piccole, apparentemente insignificanti, ma fondamentali intuizioni che vi consacreranno alla gloria eterna. Eterna ed eternamente riconosciuta, apprezzata da chiunque metterà in bocca uno dei vostri dolcetti!

Le ricette sul web sono tante...e diverse. I procedimenti quasi sempre ripetitivi. Non mi dilungherò sulle cose da fare, perchè chi si mette in testa di farli non può fare a meno di leggere e studiarsi tutto quello che trova sull’argomento. Vi elencherò invece quello che NON si deve mai fare, e che nel mio caso ha costituito per tante volte motivo di insuccesso:

1)NON mettere mai una sola teglia direttamente nel forno, ne occorrono due della stessa forma da impilare, e poichè con la dose che darò i “bottoncini” da sistemare sono numerosi, occorre procurarsi almeno 8 teglie identiche. 

 2) NON usare farina di mandorle non pelate. Io non ho mai ottenuto un risultato perfetto usando la farina di mandorle con la pellicina, anche se prima vengono tostate

3) NON demordere se si possiede il forno a gas. Una volta che si comprendono dinamiche e tempi, i macarons riescono benissimo anche se non si possiede il più moderno dei forni combinati.

Ebbene...la ricetta classica, con il procedimento:
150 g di farina di mandorle pelate,
150 g di zucchero a velo addizionato con amido di mais,
100 g di albumi (vecchi di qualche giorno) a temperatura ambiente
150 + 15 g di zucchero semolato
50 g di acqua,colorante alimentare rosso, in modestissime quantità. 
Si setacciano la farina di mandorle e lo zucchero a velo. Si uniscono 50 g di albumi  non montati al tant pour tant con una spatola di silicone. Il colorante si può aggiungere anche alla meringa.A questo punto si montano 50 g di albumi insieme a 15 g di zucchero semolato con la frusta elettrica. Nel frattempo, sul fuoco, in un pentolino si sciolgono150 g di zucchero semolato con 50 g di acqua, fino a raggiungere 110°C, e si versa lo sciroppo a filo sugli albumi montati continuando a montare, finchè non si raggiunge  Raggiungere la temperatura di circa 40°C (da misurare, ovviamente, con termometro per alimenti). Il composto ottenuto deve essere gonfio, lucido e bianchissimo, si aggiunge il colorante (se non avete aggiunto il colorante...) e si incorpora lentamente al composto di mandorle, zucchero e albume con una spatola di silicone. Si procede con il macaronageSi versa il tutto nella tasca da pasticciere con una bocchetta liscia di 8-10 mm di diametro e si creano i macarons sulle placche da forno rivestite (per tempo!!!!) di carta forno ben tesa, o di silicone.
Si lasciano asciugare per alcune ore, finchè la superficie non risulti asciutta. Si infornano, io nel forno caldissimo, a temperatura massima, ma con una teglia identica posta al di sotto di quella su cui ho steso i macarons. In circa 10 minuti sono pronti...ma ciascuno dovrà fare le prove di cui sopra con il proprio forno!












Una volta freddi si staccano con attenzione i gusci, e si farciscono con cremine e ganache.
Per i miei, questa volta ho usato una ganache al cioccolato bianco ed una al fondente.All’interno ho posto una, solo una fragolina di bosco.
Per le ganache:
50 ml di panna fresca
100 gr di cioccolato bianco o fondente
30 gr di burro
Si trita il cioccolato. e si versa nella panna portata bollore, si mescola velocemente, si toglie dal fuoco e si aggiunge il burro. Una volta fredda si usa per farcire i macarons.





domenica 27 maggio 2012

sfogliatelle...di fine anno

Devo pensarci per tempo, non posso farmi cogliere di sorpresa e scoprirlo solo alla fine che devo salutarli. Dovrò studiare (tanto per cambiare), come sempre. Anche questo. Per sapermi comportare e sapere cosa dire.
Mi preparo a questa “fine” pensando che e’ stato bello prenderli per mano e fare un pezzo di strada con loro.  Anche perchè ad un certo punto sono stati loro a prendere la mia di  mano, e mi hanno chiesto di sorridere di più perchè così ero più bella, e mi hanno insegnato (loro a me) che non è con un sorriso che si diventa meno autorevoli...e che se te lo chiedono due occhi neri e profondi, vale la pena fermarsi a scuola un pò di più...non guardare l’orario e stare semplicemente insieme.
 Insieme. Lì per non stare altrove. 
Ad imparare le pieghe di una lingua, a contare le sillabe di un verso, a costruire un castello di nuove certezze, e tutta l’utostima che prima non c’era.
Non so ancora immaginare studenti che non siano loro, classi che non siano quelle, voci che non arrivino da quei volti...eppure sarà così...succederà anche questo, come molto altro.  
Mi preparo a questa fine cucinando, perchè è l’unica cosa “altra” che so fare e perchè non saprei quale altro sfogo dare a tutta l’energia che mi è rimasta da spendere con loro. 
Ne ho spesa tanta, ma me ne resta almeno il doppio e medito di usarla tutta, ma proprio tutta, per non permettere che alla fine la burocrazia cartacea e fredda si sostituisca ai nostri sguardi, a tutte le parole che ci siamo detti e a tutte quelle che useremo per salutarci...


Sfogliatelle frolle 














Frolla esterna:
200 g di farina
80 di strutto, oppure di buon burro
90 g di zucchero
40-50 g d'acqua
1 tuorlo per spennellare
la scorza di mezz'arancia o di un limone non trattato da grattugiare
un pizzico di bicarbonato

Ripieno:
 40 g semolino + 125 g d'acqua
110 g di ricotta fresca meglio se di pecora
90 g di zucchero
50-60 g d'arancia e cedro canditi 
1 uovo
2-3 cucchiai d'acqua di fiori d'arancio
un pizzico di cannella
zucchero a velo per decorare

Si prepara la pasta in anticipo. Occorre che stia in frigo alcune ore perchè la frollatura sia ottimale.  si mette la farina a fontana mescolata al bicarbonato e la scorza del limone. Al centro, inseriamo lo zucchero con l'acqua poi lo strutto. Si copre l’impasto con la pellicola e si mette in frigo.
Per il ripieno si mescolano zucchero e ricotta, si aggiungono cannella e frutti canditi tagliati a pezzettini. Si porta a bollore l'acqua in un pentolino con un pizzico di sale, si versa a pioggia il semolino e si mescola. Si fa cuocere qualche minuto, e fuori dal fuoco si aggiunge l'uovo e, sempre mescolando, la ricotta. Aggiungiamo l'acqua di fiori d'arancio. Copriamo di pellicola e facciamo raffreddare.
Le sfogliatelle si creano stendendo la pasta di uno spessore di 3-4 millimetri. Con un coppapasta si formano dei dischi di 10 cm di diametro circa e si sistema un mucchietto di ripieno al centro (2-3 cucchiai) si richiudono come un raviolo sigillando bene i bordi.
Prima di infornarle si spennellano d'uovo sbattuto e si cuociono per un quarto d'ora circa a 180°. 

venerdì 18 maggio 2012

Le maschere...e i panini con poca identità, un pò dolci e un pò salati





Che Pirandello dovesse fare ingresso, prima o poi, nella casadellelucertole era quasi scontato; era solo questione di tempo, e questione di aspettare il momento giusto per ospitarlo in maniera impeccabile, tanta è l'emozione...
Insomma c'è da pensare a tutto...dove farlo accomodare, cosa offrirgli, e soprattutto quali argomenti affrontare con lui. 
L'interno della casa potrebbe non essere adatto, poca luce...poi i mobili, di colpo non mi piacciono più. Tutto mi sembra corsivo e affatto all'altezza. Meglio giocarsela sull'esterno, sotto il nuovo pergolato, che è bianco candido, luminoso, con l'edera vicina che ombreggia e scuda i volti, quanto basta per indossare la maschera, semmai occorresse,  senza dare troppo nell'occhio.
Lo so, lo so che è un siciliano e che non posso sbagliare, tuttavia andare sul repertorio della tradizione mi sembra rischioso prima ancora che scontato. Allora preparo questi panini, si. Questi. Semplici. Un pò dolci e pò salati. Li servirò con un thè alla menta e la mia marmellata di uva. Perchè voglio che assaggiandoli mi chieda delucidazioni, così potrò, rispondendo, introdurgli le mie ansie sospese, e discorrere con lui, se la coesistenza del dolce e del salato sia o non sia (aldilà dei panini) una sostenibile condanna. 
Mentre mi do da fare con i preparativi, e prego le mie lucertole di non essere troppo invasive oggi, dentro mi sale una malinconia, un dubbioso pensare a come vanno le cose, e di colpo mi sento sovvertita come un quadro di Picasso, schiacciata come una noce,  sopraffatta da tutta, e dico tutta, la crisi d'identità di inizio Novecento...un secolo intero non è servito a rimuovere il problema: identità definite e personalità solide rimangono ancora un miraggio, almeno per chi è disposto ad ammetterlo!
Poi, se anche si fosse restii a rendersene conto,  c'è sempre qualcuno nella vita di tutti i giorni pronto a farti notare che se un attimo prima gli sembravi una giornata di sole, subito dopo gli sei apparsa come una grigia giornata invernale. E allora devi ammettere che è sempre più difficile, nonostante gli anni che passano, trovare una strada che sia UNA, ed essere una cosa che sia UNA. Devi ammettere che è tornato il tempo di rileggere quel suo libro per non sentirsi soli nell'inadeguatezza, cercando di trovare massimo conforto nel fatto che un UOMO, così elegante, oggi, abbia deciso di tornare a farti visita, ad inebriarti con le sue analisi, a dirti che forse, in fondo non è una colpa dell'uomo assumere di volta in volta una forma, una delle tante, per esisterla.



I. Mia moglie e il mio naso.
– Che fai? – mia moglie mi domandò, vedendomi in­ solitamente indugiare davanti allo specchio.– Niente, – le risposi, – mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino.
Mia moglie sorrise e disse: – Credevo ti guardassi da che parte ti pende. 
Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestatola coda: – Mi pende? A me? Il naso? 
E mia moglie, placidamente: – Ma sí, caro. Guàrdatelo bene: ti pende verso destra. 
Avevo ventotto anni e sempre fin allora ritenuto ilmio naso, se non proprio bello, almeno molto decente, come insieme tutte le altre parti della mia persona. Per cui m’era stato facile ammettere e sostenere quel che di solito ammettono e sostengono tutti coloro che non han­ no avuto la sciagura di sortire un corpo deforme: che cioè sia da sciocchi invanire per le proprie fattezze. 
La scoperta improvvisa e inattesa di quel difetto perciò mi stizzí come un immeritato castigo. 
(UNO, NESSUNO, CENTOMILA libro I)


Ricopio, per chi mi segue la ricetta che uso sempre. 
Ingredienti:
250 gr di farina 00
250 gr di manitoba
8 gr lievito di birra
3 tuorli
60 gr struttolio (oppure 50 gr di strutto e 10 gr di olio evo)
30 gr di zucchero
10 gr sale
1 cucchiaino di malto (in mancanza 1 cucchiaino di miele)
270 gr di latte 

sabato 28 aprile 2012

panna cotta con gelèe di fragole

L'unico modo per coccolare familiari ed amici a volte è cucinare per loro. Se mi accorgo che il lavoro ruba tutti o quasi i miei pensieri, la cucina è la fuga piacevole che ha il suo ritorno nei sapori che regala agli altri, esattamente come, ascoltare una canzone e dedicarla, è un modo rapido e sotteso per dire tutto a qualcuno...
Quando il tempo è poco, prendere una stecca di vaniglia ed inciderla con attenzione è un modo per fermarsi, riempire di semini neri il bianco latteo della mia panna fresca senza filtrare nulla è un modo per far sì che il buono si veda, che quel che c'è di genuino,  per una volta, emerga e sia tanto, anche troppo, evidente...





per la panna cotta 
450 ml  di panna fresca
300 ml di latte fresco intero
100 gr di zucchero
1 stecca di vaniglia
7,5 gr di gelatina in fogli (quasi 4 fogli da 2 gr)

Si fa ammollare la gelatina in acqua fredda. Nel frattempo si mette sul fuoco fino al bollore la panna e lo zucchero, il latte e i semini di vaniglia. Appena bolle, inseriamo la gelatina e mescoliamo per bene. Si filtra il tutto, anche se io ho lasciato "a vista" tutti, e dico tutti, i semi di vaniglia. Quando il composto è a temperatura ambiente si può versare in uno stampo...io ne ho usato uno in silicone e si tiene in frigo, finchè la panna cotta non si sia completamente solidificata. 

per la gelèe di fragole
100 gr di fragole
3 cucchiai di zucchero
2.5 gr di gelatina ( 1 foglio e  mezzo)

 Si frullano con il mixer ad immersione fragole e zucchero. Si mette il tutto sul fuoco e quando sta per bollire si aggiunge il foglio di gelatina precedentemente idratato in acqua. Si mescola bene il tutto, si toglie dal fuoco e si fa raffreddare.



Per la decorazione ho lavato fragole dolci e mature, le ho asciugate con carta assorbente e le ho "cristallizzate" nello zucchero semolato. E poi...la menta infestante del mio giardino, ha fatto il resto.
Volendo, queste due preparazioni possono essere anche stratificate in bicchierini trasparenti, alternando, nei vari passaggi, dei rapidi passaggi in freezer, utili a congelare i diversi strati.







domenica 15 aprile 2012

Buon compleanno a lacasadellelucertole



Con un ritardo forse imperdonabile, oggi, faccio gli auguri al mio blog, nato lo scorso 5 aprile, con una torta sperimentata e ripetutamente apprezzata...una di quelle che alla fine di una cena, quando le chiacchere dovrebbero continuare inestinguibili, lasciano senza parole...
Che questo blog sarebbe diventato scappatoia, palcoscenico, angolo gradito di parole, immagini e sapori e ancora,  coccola senza pari per il mio ego e la cura di (quasi) tutti i miei mali, non lo me lo sarei mai aspettata. Ma avrei dovuto immaginarlo. Si, perchè la cucina "studiata" e scritta  è da sempre la mia valvola di sfogo prediletta. Uno sfogo senza il quale, gli uragani dei miei malumori non verrebbero ammortizzati. Decido di cucinare qualcosa e, quasi senza accorgermene, il rimedio che mi offrono le parole, i raggi di sole che sfrutto nelle inquadrature è efficace e repentino come gli odori che, diffondendosi, attirano i bambini in casa e li distolgono dai loro giochi. 
Si tratta di una versione rivisitata e forse un pò semplificata, almeno nella realizzazione “architettonica",  de Le Petit Antoine, che ho deciso di realizzare preparando un’unica torta quadrata, invece delle piccole e celebri mono porzioni.
Buona. Buona. Buona.

Per un quadrato di 24x24 cm. 

Biscuit alle nocciole 
100 gr di zucchero a velo
100 gr di farina di nocciole
125 gr di albumi
1 gr di cremore di tartaro
30 gr di zucchero semolato
50 gr di nocciole tritate o tostate

Si uniscono farina di nocciole con lo zucchero a velo. Si montano gli albumi con lo zucchero semolato versato in due volte e il cremore di tartaro, fino ad ottenere una meringa liscia e soda. Si uniscono i due composti delicatamente, senza smontare l’impasto, e si stende il tutto su una placca da forno, cercando di disegnare un quadrato che verrà poi ritagliato con la fascia d’acciaio in cui si monta il dolce. Prima di infornare si distribuisce la granella di nocciole o di mandorle e si spolvera la superficie per due volte consecutive con zucchero a velo. Inforniamo a 200° C per massimo 20 minuti.

Strato croccante alla nocciola
85 gr di crepès dentelle
35 gr di cioccolato fondente
90 gr di pralinato alla nocciola
Per realizzare questo strato si fonde il cioccolato a bagnomaria, si unisce il pralinato, e infine le crepès sbriciolate. Io stendo il tutto su un vassoio rivestito da carta forno o da acetato per alimenti, stendendo bene il composto entro i limite della fascia d’acciaio. Metto tutto in freezer, finche non si è solidificato. 

Chantilly al cioccolato al latte
250 gr di panna fresca
90 gr di cioccolato al latte

Faccio fondere il cioccolato a bagnomaria e lo aggiungo alla panna fresca appena prende il bollore. Mescolo con cura e lascio raffreddare, in frigo per una notte e al momento dell’utilizzo va montata con le fruste. La uso nell’ultimo strato, quello decorativo...

Cremoso al cioccolato:
600 gr di panna fresca
90 gr di zucchero semolato
200 gr di cioccolato al latte
200 gr di cioccolato fondente
4 tuorli (120 gr circa)
Si fondono i due cioccolati a bagnomaria. Si scalda la panna fino al bollore. Si mescolano i tuorli con lo zucchero e si “cuociono” con la panna bollente”. Si versa la crema sul cioccolato, mescolando con movimenti circolari.

Il dolce si monta, lasciando alla base lo strato croccante su cui si verserà un sottile strato di cremoso al cioccolato. Si adagia sopra il biscuit della stessa misura della fascia d’acciaio e si ricopre con il resto del cremoso. Si mette in freezer a solidificare. Alla fine si usa la chantilly al cioccolato al latte, e si decora il dolce con l’uso di una sac-a poche. I più bravi a questo punto possono provare a creare dei rettangoli di cioccolato fuso e temprato utilizzando i fogli di acetato. Ma questa lavorazione risulta, ad oggi, non essere ancora pane per i miei denti, quindi, la mia prestazione si ferma alla realizzazioni di riccioli e bacchette decorative, senza, per il momento, andare oltre. 

giovedì 5 aprile 2012

colombine pasquali

Mettono pace e fanno tenerezza...queste colombine. Le posto velocemente, perchè sono presa dai preparativi pasquali...
Dal web sfidavano da giorni la mia naturale, annosa e inguaribile  avversione per i volatili, qualunque sia la forma in cui si presentino. Alla fine, mi sono fatta forza, ed ho imparato velocemente a plasmare nel modo giusto questo profumatissimo impasto, per ottenere una sagoma sintetica ma evocativa. Interessante, poi, il metodo di glassatura che rende croccante la superficie, a contrastare la sofficità dell'interno.

500 gr di Farina Manitoba
100 gr di zucchero
100 gr di burro
2 uova
1 tuorlo
1 pizzico di sale
la scorza di 2 arance grattugiate
170 gr di acqua tiepida
20 gr di lievito di birra fresco

Glassatura:
70 gr di farina
100 ml di acqua
abbondante zucchero semolato
abbondante zucchero a velo

















 Nell'impastatrice inserisco tutti gli ingredienti, dopo aver sciolto il lievito nell'acqua tiepida. Metto a lievitare un'ora e mezza. Ricavo palline da 25 gr cadauna, e con ciascuna di queste divisa in due parti formo ali e corpo delle colombine, seguendo il procedimento ben spiegato in questo video.
Si fanno lievitare le colombine per un'altra ora e poi si spennellano con la glassatura. Quest'ultima si prepara stemperando la farina con l'acqua. Si spalmano le colombine, un attimo prima di infornarle, e si ricoprono di zucchero semolato. Poi si spolverano di zucchero a velo abbondantemente. Una volta messe nel forno a 180° vanno nuovamente spolverate senza estrarle dal forno. Con questo procedimento si ottengono le screpolature caratteristiche.
Credo che la prossima volta proverò ad inserire nella glassatura della farina di mandole e dell'aroma di mandorla amara, oppure potrei provare a glassarle con il cioccolato...
Ancora...Buona Pasqua.

domenica 1 aprile 2012

la pastiera

Sei pastiere in una sera...melius abundare quam...

Raddoppiando le dosi, è innegabile che la cifra dell’impegno si fa alta, la fatica esponenziale, le calorie si moltiplicano per sei, e gli errori anche. La sfida pastiera si conclude con il vantaggio mio di aver trovato LA ricetta, corretta, davvero, equilibratissima fino all’ultimo millimetro di pasta, ma con l’ammonimento grave e severo del mio olfatto che si aspettava profumi primaverili più pungenti e invece è rimasto deluso. 
Deluso innanzitutto dall’idea che un candito, per essere tale debba essere plastificato, gommoso e privo di sapore...

Allora...la prossima volta, più arancia candita hand made, un’intera scorza d’arancia grattugiata, e un cucchiaio in più di acqua di fiori d’arancio...vediamo se con questi ritocchi placheremo esigenti necessità olfattive, per aprire finalmente, senza riserva alcuna, alle suggestioni primaverili e alle sequele di vento che si fanno più calde.

Pasta Frolla:
500 gr di farina 00
3 uova
200 gr di strutto
200 gr di zucchero

Nell’impastatrice faccio velocemente aggregare tutti gli ingredienti della pasta frolla e ripongo in frigo per 2 ore, avvolta il pellicola.

Crema di grano
580 gr di grano cotto (già pronto)
150 gr di latte
30 gr di strutto

In una casseruola cuocio il grano nel latte per 10 minuti, mescolando di continuo, dopo aver aggiunto lo strutto.

Crema di ricotta:
500 gr di ricotta mista
350 gr di zucchero
3 uova ed 1 tuorlo
scorza di 1 arancia grattugiata

Nel mixer frullo la scorza di un’arancia con lo zucchero, aggiungo la ricotta ben scolata dal suo liquido e le uova, e metto anch’essa in frigo  a riposare per due ore. 

Crema pasticciera:
2 tuorli
80 gr di zucchero
35 gr di farina
300 ml di latte
scorza di un arancia grattugiata
3 cucchiai di Cointreau
2 cucchiai di acqua di fiori d’arancio

mezzo cucchiaino di cannella















Preparo la crema pasticciera sbattendo i due tuorli con lo zucchero e la farina e versando il composto nel latte caldissimo, messo precedentemente sul fuoco con la scorza grattugiata. Faccio addensare il tutto mescolando velocemente, e cerco di raffreddare la crema prima di riporla 10 minuti nel freezer, come qui viene consigliato. Al momento dell’estrazione dal freezer aggiungo i 3 cucchiai di liquore, e 2 cucchiai di acqua di fiori d’arancio.
Si uniscono le tre creme e si aggiungono l’arancia e il cedro canditi e la cannella. Si ungono le teglie e si infarinano. Si stende la pasta per uno spessore di pochi millimetri e si versa il composto per almeno 4 cm. Si preparano le strisce da mettere sopra. Si inforna per 1 ora e 40 minuti a 150° (questo tempo ci vuole tutto).  Spolveratele di zucchero a velo abbondante e scordatevi delle pastiere per tre giorni: è il tempo necessario perchè si ammorbidiscano e diventino della consistenza giusta. 

Con questa dose ho realizzato 2 pastiere di 26 cm e 1 di 20 cm. E raddoppiando la dose ho ottenuto le 6 di cui sopra.
Buona Pasqua  a tutti. 

sabato 10 marzo 2012

pan brioche

Sopraffatta dall'incompetenza (altrui), scossa dalle continue raffiche (di vento) che oggi non lasciano nemmeno camminare, rientro, anche questo sabato, nella casa che sempre mi accoglie ed ascolta le mie impazienze...

Guido un' auto sporca di  mimosa rinsecchita; percorro strade grigie e chiedo una tregua a questa settimana difficile, imploro una pausa ad urgenze pronte a ri-farsi avanti già da lunedì...
Ho delle buone uova, penso. O almeno credo che lo siano. Sono grandi, belle, sporche quanto basta per professarsi "autentiche": ottenute alla fine di un combattimento ad armi pari, fra le contadine agguerrite del mercato che si contendono il mio acquisto. Dopo aver urlato e litigato, quasi che 4 euro fossero 4 mila, una la spunta, riesce a rifilarmi le sue...infila con soddisfazione i 4 euro nel suo lercio grembiale, ed io, più frastornata che convinta, posso finalmente lasciare il "pollaio" ed uscire. 
Penso...che per rimettere i piedi in casa, dimenticando davvero, per un pò, ansie da prestazione ed eccessivo attaccamento al lavoro, questo fine settimana, urge tornare a sporcarsi le mani di farina...conviene impastare, toccare la legna, accendere il fuoco, stare un pò fuori nel bosco con i bambini...scaldarsi al profumo caldo e rassicurante di un buon pan brioche, prima che queste ore finiscano e torni il tempo della corsa.

600 gr di farina manitoba
100 gr di zucchero
3 uova intere
200 gr di burro
20 gr di lievito di birra fresco
scorza di 1 limone grattugiata
1 pizzico di sale
80 ml di latte (o giù di lì)



Si impasta prima una levatina con 150 gr di farina 50 ml di latte tiepido e il lievito. Si lascia lievitare per mezz'ora in luogo caldo all'interno di pellicola trasparente. nella planetaria si versa il resto della farina, la levatina, lo zucchero, le uova, il burro morbido a pezzetti, il sale, la scorza grattugiata del limone e il latte (se dovesse non essere sufficiente per l'impasto se ne aggiunge un altro po'). Si fa andare l'impastatrice per 10-15 minuti. Si fa lievitare il luogo caldo per due ore minimo, e poi si dà forma alla pasta. Si spennella con uovo e si cosparge di zucchero semolato. Si fa lievitare per ancora mezz'ora e si inforna per 20 minuti a 180°.