domenica 31 luglio 2011

Gabriele Bonci: la pizza.

No, non ho partecipato a nessuno dei corsi che organizza, non l’ho visto mai dal vivo, ma il web è ormai così pieno di lui che non si può dire di non conoscerlo. Parla di lieviti e farine come veri esseri viventi, descrive gli impasti come se stessero respirando e forse, i suoi, lo fanno davvero.  E’ stato irresistibile per me quest’incontro, e poiché di sbagliare non mi andava, soprattutto sul tema “pizza”, anche stavolta ho studiato, studiato e studiato. Ho visto e rivisto i video che vi linko, partendo dai procedimenti più semplici, giusto per avere delle piccole e incoraggianti conferme, per arrivare ai più complessi.  Dopo averci provato, fin dal primo tentativo, è stata la scoperta dei miei ricordi migliori...un morso dopo l’altro sono affiorati i flashback delle migliori pizze e focacce che avevo assaggiato nella mia vita. Neanche tante poi....diciamo due: la focaccia del Passo della Consuma, che qualsiasi visitatore diretto nel Casentino, proveniente da Arezzo o a Firenze ha necessariamente provato almeno una volta. E una pizza servitami su un tagliere di legno nel centro della capitale del Salento, nel cuore di una Lecce estiva, bianca e asciutta.
Questi i ricordi più sublimi, queste le consistenze migliori che io abbia mai provato. E il mio incontro, unilaterale s’intende, con G. Bonci è avvenuto probabilmente perchè non stava scritto proprio da nessuna parte che io non sarei un giorno riuscita a riprodurre quei sapori, e a riscoprire quei ricordi.


Il primo passo è stato seguire la sua ricetta della pizza in teglia.  Il risultato? Sorprendente. Una pasta morbidissima, piena di piccole e grandi bolle d’aria, che, stendendola, quasi si ha paura di rovinare e che non ha niente a che vedere con quella che ho sempre fatto. Un morso dopo l’altro si resta sorpresi quanto basta per vergognarsi un tantino di averla sempre impastato in un altro modo.

400 gr di farina 00
100 gr di farina di farro
3,5 gr di lievito di birra disidratato
400 ml di acqua
20 gr di olio evo
10 gr di sale
Farina di semola q.b. per lo spolvero,  da usare durante i rigeneri e la stesura




Bonci, tanto per cominciare, utilizza SOLO farine macinate a pietra, che dalle mie parti, per la verità è difficile reperire. Sono riuscita però a trovare una buona farina di farro Bio, da mescolare con una farina bianca proveniente da un Mulino a pistoni. Bonci, poi, sceglie tra il suo campionario di lieviti madre: da quello liquido a quello a pasta, fino a quello appartenuto al soldato panificatore della prima Guerra Mondiale e tramandato da quasi un secolo. Io ho usato il lievito di birra disidratato, come consiglia lui stesso a chi non ne ha ancora uno hand made. Bonci dice tante cose, ma io devo fare un passo alla volta, devo via via capire e mettere in atto, ma  presto, grazie alla complicità di un grande amico, avrò il mio kg di farina di segale del Mulino di Casale Monferrato che Bonci ritiene indispensabile per la creazione del lievito madre. E di questo parleremo un’altra volta.
Ora, spiego il procedimento, che è innanzitutto una notevole esercizio di pazienza, e di autocontrollo perchè occorre pensarci 24 ore prima se il giorno dopo si avrà voglia di pizza, e perchè se mentre si impasta viene voglia di mangiarla si deve aspettare il medesimo lasso di tempo.
Si impasta velocemente l’acqua con le farine  il lievito, l’olio e alla fine si aggiunge il sale, utilizzando un mestolo o una forchetta. Si lascia riposare questo impasto molto idratato per 15 minuti e poi si inizia a rigenerare l’impasto. In questo video si trova il procedimento dei rigeneri che possono andare da 3 a 5 (e io per la paura che il tutto non riuscisse, ne ho sempre fatti 5), è importante osservare, per imparare bene il movimento e la tecnica che consente di maneggiare questo impasto che, soprattutto inizialmente è molto morbido.
Terminati i rigeneri si lascia lievitare nella parte bassa del frigo in una ciotola unta di olio e coperta da pellicola, per 24 ore. Terminata la lievitazione si toglie l’impasto dl frigo si suddivide in 2 pezzi e si procede alla stesura, durante la qualche occorre non violentare la pasta e non scoppiare le bolle che si sono formate durante la lievitazione. Anche in questo caso osservare il video è più utile della descrizione.





giovedì 21 luglio 2011

Leggendo Laura Esquivel. Mousse al limone e petali di rosa.


"Si staccano con grande attenzione i petali delle rose, stando attenti a non pungersi le dita, perchè a parte il forte dolore causato dalla spina, i petali possono rimanere impregnati di sangue e questo, oltre ad alterare il sapore della pietanza, può provocare reazioni chimiche addirittura pericolose”. "Tita stringeva così forte le rose al seno che queste, inizialmente  rosa, erano diventate rosse per il sangue delle sue mani e del suo petto. Doveva decidere rapidamente cosa farne. Erano così belle! Non poteva gettarle nella spazzatura, in primo luogo perchè non aveva mai ricevuto dei fiori e in secondo luogo perchè venivano da Pedro. All’improvviso udì con chiarezza la voce di Nacha che le suggeriva una ricetta preispanica nella quale si potevano utilizzare i petali di rosa...”
 Laura Esquival "Dolce come il cioccolato"

Dopo aver letto questo libro, i petali di rosa non si guardano più come si sono sempre guardati, e allora.....ringrazio chi ha avuto il gusto di regalarmelo e, ancora sognante, corro in giardino.


Petali di rosa cristallizzati:
20-22 petali di rosa
4 cucchiai di acqua
150 gr di zucchero
Si fa uno sciroppo mediamente denso con l’acqua e lo zucchero mettendoli sul fuoco, si versa lo sciroppo in un piatto e vi si immergono i petali di rosa lavati ed tamponati con della carta assorbente. Una volta imbevuti entrambi i lati di ogni petalo, si passano nello zucchero semolato. Si lasciano asciugare per 40 minuti circa.

Biscuit 
80 gr di farina 0
70 gr di zucchero
4 uova
30 gr di burro
1 pizzico di sale

Si sbattono 2 uova e due tuorli a temperatura ambiente con lo zucchero finchè il composto è ben montato. A parte si montano le chiare con il sale. Si unisce la farina setacciata con una frusta manuale, molto delicatamente, alla fine si inseriscono le chiare montate  a neve. Si stende il tutto in una teglia rettangolare ricoperta da carta forno. Si cuoce  a 180° per 15 minuti. Si sforna e si adagia sulla teglia un canovaccio umido per mantenere morbido il biscuit. Quando è il momento di arrotolarlo, si stacca la carta forno e si rifilano i bordi.

Bagna al limoncello:
100 ml di acqua
130 gr di zucchero semolato
20 ml limoncello
Si porta a bollore sul fuoco lo sciroppo di acqua e zucchero, poi a freddo si aggiunge il limoncello.

Mousse al limone:
4 tuorli
125 gr di zucchero
40 gr di farina
500 ml di latte
4 limoni (scorza)
succo di  2 limoni
2 cucchiai di pasta di limoni
20 ml di limoncello
2 fogli di colla di pesce
500 ml di panna fresca
Si fa bollire il latte con le bucce di limone e si lascia in infusione per 30 minuti. Si montano i tuorli con lo zucchero e ci si versa il latte filtrato, si aggiunge il succo di 1 limone e si porta a bollore la crema. Appena si raffredda si raggiunge il limoncello, e subito dopo la colla di pesce sciolta nel succo del secondo limone. Si miscela con un mixer ad immersione. Quando il tutto è freddo si aggiungono 2 cucchiai di pasta di limoni e la panna semi-montata, mescolando delicatamente. 

Composizione
Ho steso la mousse sul biscuit dopo averlo imbevuto (non troppo) con la bagna ed ho anche distribuito qua e là delle punte di pasta di limoni. Ho arrotolato il tutto, posto su un vassoio e rivestito il dolce con altra mousse (pur essendo generosi, con questa dose resta un pò).  Infine ho decorato con i petali di rosa.  

mercoledì 13 luglio 2011

I cornetti alle erbe aromatiche


250 gr di farina 0
250 gr di farina 00
10 gr di lievito
200 ml di acqua
50 ml di latte
50 ml di olio di semi di mais o girasole
15 gr di sale (1 cucchiaino e mezzo)
10 gr di zucchero
mix di erbe aromatiche + un pizzico di pepe nero
















Io intiepidisco leggermente sul fuoco la miscela di latte e acqua. Verso il tutto nell’impastatrice e vi sciolgo dentro il lievito con lo zucchero. Poi verso le farine setacciate l’olio e infine il sale, che non deve mai essere a contatto con il lievito. 

Quando l’impasto è pronto si lascia lievitare fino al raddoppio, e il tempo dipende dalla temperatura dell’ambiente circostante (più che guardare l’orologio, dobbiamo quindi osservare il nostro impasto). Nel frattempo tritiamo insieme tutte le erbe fresche e secche che abbiamo a disposizione. Nel giardino della casadellelucertole trovo: menta, salvia, rosmarino, timo, finocchietto selvatico, prezzemolo, basilico...poi aggiungo la maggiorana essiccata, l’origano ed un pò di pepe nero. 
Quando l’impasto ha fatto la prima lievitazione si reimpasta il tutto con le erbe. Si divide l’impasto in 4 porzioni uguali, si stendono con il mattarello conferendo un forma rotonda fino allo spessore di 1 cm. Con il coltello si ricavano dei triangoli, che vanno arrotolati per ottenere i cornetti. Si adagiano su una placca ricoperta di carta forno e si lasciano lievitare ancora fino al raddoppio. Si spennellano delicatamente con l’uovo sbattuto ed inforno a 200°. Appena escono dal forno vanno nebulizzati con il latte. Questo procedimento li rende morbidissimi.
Li servo sulla mia tavola estiva farciti con caprino fresco rucola ed olive nere , oppure con uovo sodo, maionese  e insalata mista marinata.


sabato 9 luglio 2011

Un post lungo un giorno: la tarte tatin alle more di gelso

Non sono giornate convulse, tutt’altro. La casadellelucertole in questo periodo dell’anno è incantevole, i bambini inventano giochi usando l’acqua, la terra e il sole... cercano di salvare la vita ad una farfalla morente coprendola con una coperta di foglie di edera e corrono al piccolo campo di fragoline di bosco per fare merenda...
...giocano a rincorrersi sotto una pioggia di more di gelso...mentre insegno loro i nomi delle erbe aromatiche e  spiego la differenza tra un troll ed uno gnomo.





I fiori sfioriscono e risbocciano con continuità,






la porta della cucina resta spalancata fino a sera, i miei  piatti si colorano e si profumano con ciò che trovo nel giardino mentre continuo ad appendere trecce di cipolle, ovunque. 



Chi arriva qui, dal caldo chiassoso della città, sa di trovare un vento fresco e un sole gentile, ombra verde che distende lo sguardo e colori che rinfrancano, poi un caffè che ancora si può servire caldo e.......... la mia ultima idea: la tarte tatin alle more di gelso.












E’ fin troppo semplice preparare questa torta soprattutto per chi, abbia l’intenzione poco seria, ma molto comoda di utilizzare della pasta sfoglia congelata. A chi come  me, invece, non sa rassegnarsi ai “facili costumi” propongo la preparazione di una pasta sfoglia che (giuro!) è assolutamente fast e che pur non avendo tutte le pieghe e le complicazioni della ricetta ufficiale, costituisce un giusto compromesso poichè  ha una buona riuscita.



Pasta sfoglia fast:
2 uova
farina q.b.
1 bicchiere di vino bianco
2 cucchiai di strutto o di burro 82% massa grassa

Impastare gli ingredienti con un pò di farina e aggiungerne ancora quanto l’impasto ne assorbe, finchè la consistenza rende la pasta lavorabile. Si stende l’impasto, si unge la superficie e si lascia asciugare un pò. Poi si procede ad una sfogliatura veloce arrotolando l’impasto steso in un lungo cilindro. Si taglia a metà il cilindro e si stendono nuovamente le due porzioni di impasto, fino allo spessore di 4 mm. Si ottengono così i due dischi che servono per la preparazione della tatin
Questa pasta può essere utilizzata per fare dei cornetti farciti o simil-brioches.

Tarte tatin (diametro 22 cm)
500 gr  di pasta sfoglia divisi in due dischi
500 gr di more di gelso bianche, o nere
50 gr di burro
80 gr di zucchero
2 cucchiai di acqua 
1 cucchiaino di succo di limone

Si dispongono le more di gelso sulla tortiera ricoperta di carta forno, avendo cura di togliere il peduncolo. In un pentolino si sciolgono burro zucchero e l’acqua e si fa bollire per 5 minuti. Si versa questo composto sulle more e si ricopre il tutto con i due dischi di sfoglia sovrapposti. Si inforna a 180° per circa 20 minuti. Una volta sfornata ed intiepidita si può capovolgere la torta, eliminando la carta forno. Si può servire su uno specchio di panna freschissima semi-montata con un pò di zucchero a velo e foglioline di mentuccia fresca. 



mercoledì 6 luglio 2011

Quando l’albero è colmo: limoncello hand made

Quando l’albero è colmo, e già molto prima che lo diventi, per la verità, inizio a stilare l’elenco di mousses, biscotti, dolcetti e cremosi che esigono il sapore ed il profumo dei miei limoni. 
Di recente ho pensato che, dato il quantitativo dei frutti, avrei potuto anche cimentarmi in una cosa nuova. 
Da allora, nella casadellelucertole, le serate si allungano inaspettatamente, gli amici si trattengono più del solito, le loro risate si mescolano al gracidio delle rane e i loro occhi, lucidi q.b., nell’ora della dipartita, sentitamente ringraziano!



10 limoni non trattati
1 litro di alcol 90°
600 gr di zucchero
1 litro di acqua

Si lavano i limoni, si asciugano e si sbucciano, facendo attenzione ad evitare la parte bianca. Si versa l’alcol in un vaso di vetro piuttosto capiente, in cui dovranno entrare tutte le scorze e l’alcol. Si chiude bene il vaso e si lascia in infusione per una settimana. Occorre ricordarsi di agitare il vaso di tanto in tanto, e vedremo via via le bucce schiarirsi mentre l’alcol diventerà di colore giallo. 
Trascorsa la settimana prepariamo uno sciroppo mettendo sul fuoco, fino al primo bollore acqua e zucchero. Dopo aver fatto raffreddare lo sciroppo si unisce ad alcol e bucce nel vaso. A questo punto il limoncello è pronto ed occorre solo filtrarlo accuratamente, attraverso un setaccio molto stretto o una garza sterile a maglie molto fini. 
Scegliamo una bottiglia di vetro e se abbiamo spazio riponiamo in frigorifero. 

venerdì 1 luglio 2011

madeleines en conque au chocolat!

Chi mi conosce sa quanto io ami vestirmi di nero. Il colore nero esalta il contenuto e meno la forma, non ostenta, non urla, ma sussurra. Espone e protegge nella giusta misura. E’discreto e fa parlare il resto, non evocando nient’altro che se stesso.  Non è perchè il mio sentire sia cupo e pessimista che la maggior parte degli abiti che indosso ha questo colore, ma perchè da sempre, per me, la semplicità e la purezza passano attraverso  la sobrietà che il nero regala.
Questa ricetta nasce quindi più da un’attitudine che da un’idea.
Contrariamente alle altre volte non ho dovuto studiare, leggere o confrontare. Questa volta mi è bastato intuire che potevo pensare come di solito penso e fare come di solito faccio al di fuori della porta della mia cucina. “Vestire” uno degli impasti che io amo di più con un “abito" che solo apparentemente va a profanare il gusto classico delle madeleines e che anzi, lo assicuro, riesce ad esaltarne maggiormente forma e gusto.


Un guscio nero e croccante che abbraccia un impasto soffice che profuma di buon burro e limone.
  Et voilà le madelines en conque au chocolat!









Dosi per 35 madeleines 
2 uova
150 gr di farina
150 gr di zucchero
125 gr di burro
la scorza di un limone non trattato
1 cucchiaino di cremore di tartaro
1/2 cucchiaino di bicarbonato di sodio

Gusci
200 gr di cioccolato temprato

Ho realizzato le madeleines come sempre faccio, salvo sperimentare, questa volta l’uso del cremore di tartaro+bicarbonato di sodio al posto del lievito chimico per dolci. Ho letto qualche articolo a riguardo e sembra che questa combinazione sia meno inquinata e meno “tossica” del lievito che abbiamo sempre usato.
Appena sfornate le ho fatte raffreddare su una griglia mentre tempravo il cioccolato. Con un pennello ho rivestito ben bene gli stampi e subito vi ho adagiato una madelaine. Ho riposto il tutto in frigo finché il cioccolato si è ben solidificato. 
Servirle fresche, con questa temperatura, non è un male.